DANZICA - È forte, giovane, gioca un bel calcio e ha due giorni di riposo in più e due supplementari in meno rispetto all'Italia. La Germania è l'unica semifinalista ad avere sempre vinto (quattro su quattro): 9 gol segnati e 4 subiti. Con il 4-1 alla Grecia ha conquistato la quarta finale consecutiva in una grande manifestazione: terzo posto al Mondale 2006, secondo a Euro 2008, terzo in Sudafrica e adesso la certezza di essere ancora fra le prime quattro. In bacheca ha tre titoli mondiali e tre continentali. Equilibrio perfetto, contro il 4-1 dell'Italia.
Eppure alla semifinale di giovedì a Varsavia, la squadra di Joachim Löw arriva con tutto il peso del pronostico sulle spalle. E con una tradizione pessima, perché i tedeschi, che non conoscono le alterne fortune italiane, nelle sette partite ufficiali contro gli azzurri non sono mai riusciti a vincere. In Cile nel 1962, in Argentina nel 1978 e agli Europei 1996 (rigore sbagliato da Zola), è sempre finita 0-0; a Düsseldorf, nel 1988 (esordio europeo) era stato 1-1. In più ci sono tre vittorie azzurre al Mondiale: 4-3 nella semifinale a Città del Messico (17 giugno 1970); 3-1 nella finale a Madrid (11 luglio 1982); 2-0 nella semifinale di sei anni fa ai supplementari (Dortmund, 4 luglio 2006). Sebbene amichevole, era finita 1-1 anche l'ultima partita fra le due nazionali, a Dortmund, 9 febbraio 2011.
C'è una frase divertente, che ripete spesso Gary Lineker: «Il calcio è uno sport dove si gioca undici contro undici e dove alla fine vincono i tedeschi». Numeri e cifre dicono che quando affronta gli azzurri per la Germania non è così e questo spiega come i tedeschi avrebbero preferito ritrovarsi di fronte gli inglesi, perché se è vero che il Chelsea ha battuto (ai rigori) il Bayern nella finale di Champions League di un mese fa all'Allianz Arena, è anche vero che a Varsavia, giovedì, soprattutto i giocatori del Bayern rivivranno le stesse sensazioni del 19 maggio, quando si erano ritrovati a partire da favoriti e avevano giocato sempre all'attacco, salvo perdere ai rigori. Per questo è arrivata l'ora della mobilitazione generale, nel tentativo di scacciare i fantasmi. Non c'è più traccia degli sfottò, anche di pessimo gusto, di sei anni fa.
Questa volta, c'è soltanto rispetto verso l'Italia del pallone. Lo ha spiegato, nel ritiro di Danzica, Mesut Özil, allievo di Mourinho al Real, scelto come «uomo del match» in due partite di questo Europeo, uno dei pochi intoccabili: «Il passato non conta. L'Italia è una squadra molto compatta, ha Pirlo che è un giocatore di classe mondiale, ha Balotelli, che è un grande attaccante, ha tanti campioni, ma noi possiamo batterla, se riusciremo ad esprimere tutto il potenziale di questa squadra. Il nostro pensiero è quello di tornare a casa con la coppa. Siamo venuti qui per questo, ma non abbiamo mai pensato di essere già finale con la Spagna. Rispetto al Mondiale di due anni fa, siamo più maturi, più solidi, più costanti: possiamo far bene anche contro avversari forti. Siamo una nazionale giovane e affamata». E Koepke, il preparatore dei portieri: «Le statistiche in questo caso non contano; vogliamo riscrivere la storia».
Siccome dell'Italia non si fida nessuno, lo staff sanitario della Mannschaft ha fatto gli straordinari per rimettere in piedi Schweinsteiger, tormentato da un problema ai legamenti della caviglia destra, un malanno che si trascina da febbraio; dopo due giorni di cure intensive, ieri è tornato ad allenarsi con tutti gli altri. Che Löw pensasse con preoccupazione all'Italia lo si era capito anche dalla formazione scelta per affrontare la Grecia: in panchina Gomez, Müller e Podolski, spazio a Klose, Reus e Schurrle. E dopo la fuga di notizie, che consente di conoscere la formazione in anticipo, questa volta il c.t. ha promesso massima segretezza, fino all'ultimo. Lui a Dortmund sei anni fa era in panchina accanto a Klinsmann e non ha ancora dimenticato. «Italia, adesso facciamo i conti», ha titolato la Bild . Ma con i titoli dei giornali non si sono mai vinte le partite.